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Palazzo della Meridiana intervista… Enzo Paci, Massimo Vivaldi e Donatella Ferraris

By admin | Articoli, News | 0 comment | 28 Giugno, 2022 | 0

PALAZZO DELLA MERIDIANA, GLI INTRIGHI E LE FOLLIE DEL BAROCCO CON ENZO PACI E L’ACCADEMIA DEL CHIOSTRO DAL TEATRO ALLA MODA FINO ALLA SATIRA 4.0

Ci sono personaggi iconici che diventano simbolo indiscusso di un periodo storico. Tanto rappresenta nell’immaginario collettivo Vivaldi per il Barocco. Oggi è l’unione di musica e cinematografia, come una volta capitava per il teatro: spartiacque in tempi recenti il film francese Rosso veneziano  del 1989 diretto da Étienne Périer, dove Vivaldi  è interpretato da Wojciech Pszoniak. Altro esempio eclatante quello del 2006, con la pellicola Un prince à Venise, diretto da Jean-Louis Guillermou.  E poi ci sono i duelli cervellotici, quelli realmente combattuti per l’egemonia artistica, per lasciare un’eterna impronta, che tendono a romanzare la storia. E’ il caso di Benedetto Marcello, stessa epoca di Vivaldi, decisamente da riscoprire, penna acuta ed appuntita.
Un modo per accostarsi con facilità a questa figura, apprezzata dallo stesso Bach, che ne trascrisse molti concerti per organo o clavicembalo, è il Teatro. Non tutto, quello “Alla moda”, opera in cui Marcello ironizzava sulle “Cose che importano a ben riuscire nelle moderne sceniche operazioni”.  A partire da questo lavoro, dal “Teatro alla Moda”, si snoda l’ultimo appuntamento della stagione de “I giovedì della Meridiana”, a cura dell’Accademia del Chiostro, in programma il prossimo 7 luglio alle 21.  A distanza di qualche secolo il famoso attore Enzo Paci, grande protagonista della serata, farà rivivere a Palazzo della Meridiana, in chiave scomoda ed esilarante, un periodo di intrighi, fantastiche e subdole invenzioni, antico gossip e bizzarrie. Un lasso temporale che mostra la sua onda lunga su Rossini o, molto più recentemente, sulla satira d’avanguardia. Non a caso, ben si inserisce sul moderno acume, mai scontato e decisamente 4.0, di Enzo Paci.

Benedetto Marcello scriveva che “un musicista non dovrà aver solfeggiato e non dovrà neanche leggere, scrivere o pronunciare bene le vocali, ma l’importante è che confonda il senso”. Quale il ruolo dell’attore nella pièce? Lo chiediamo direttamente ad Enzo Paci, che oltre a coinvolgere il pubblico si immergerà letteralmente tra i musicisti…

P.
“Un attore che si accinge ad interpretare Il Teatro alla Moda non deve mai aver letto il Teatro alla Moda (si cala già nei paradossi  marcelliani, ndr). Sarà una serata all’insegna della musica e ci sarà spazio per qualche risata. Del resto il testo è divertente, molto autoreferenziale, in un linguaggio difficile per tutti, ma facilissimo per i tecnici come i musicisti, per chi suona abitualmente. Ecco che entro in scena io, sposo il punto di vista del pubblico su questo libretto, in aperta schermaglia con chi mi ha proposto di leggerlo. Una sorta di metateatro, di teatro nel teatro…”

La decisione di concludere con il teatro barocco non è dettata solo dalla portata di questo evento clou nella programmazione, ma dall’importanza del contenuto, da aspetti storico-culturali e da un raffronto con l’attualità. Lo sottolinea il direttore d’orchestra dell’Accademia del Chiostro, il Maestro Massimo Vivaldi.

M.V.
“ Il Barocco è stata l’epoca in cui si è arrivati al massimo divismo dei cantanti, l’apice di un processo molto lungo. Un punto di stacco fondamentale è stato quello del 1637 : l’anno della rappresentazione dell’Andromeda di Francesco Mannelli al San Cassiano di Venezia. Prima il teatro era appannaggio di nobili e privati nelle stanze e nei giardini dei grandi palazzi nobiliari, da qui in poi si rompe una barriera: il pubblico si allarga, la platea è di chi si può permettere il biglietto, non di una casta per nascita.  Matura anche un’idea diversa di committenza e l’orientamento verso argomenti più popolari, una vera e propria evoluzione del gusto che permette alla gente comune di identificarsi con i personaggi, come nelle opere dialettali”.

Maestro Vivaldi, il teatro all’epoca era l’unica forma di intrattenimento e spesso si parla di divismo dei soprani o castrati dell’epoca paragonandoli alle moderne rockstar. Ma è proprio così?

M.V.
“La discriminante è la preparazione. Se pensate a un cantante dell’epoca e ad uno di oggi c’è un abisso. A quei tempi spesso non sapevano leggere le partiture, andavano ad orecchio o stravolgevano i testi, li calpestavano sull’onda delle emozioni oppure ancora riproponevano il loro cavallo di battaglia nel cuore di opere per nulla apparentate. Si spostavano tra folle in delirio e un codazzo di parassiti, parenti, procuratori, accompagnatori, ben dettagliati all’interno de Il Teatro alla Moda. Un mondo che non esiste più, oggi i cantanti hanno una grande formazione e non hanno modi da primadonna, ma si pongono in relazione con l’orchestra e con il direttore. Tuttavia non si può evitare di notare che questo andazzo perdurò negli anni, pensiamo a Rossini che doveva ancora scontrarsi con le bizze dei cantanti-divi, così come lo stesso Donizetti.   Oggi vince la musica su tutto; carisma e presenza fisica sul palco non sono certo, per i cantanti, l’unico o il principale elemento di fortuna. E anche il gossip è decisamente accantonato, lo lasciamo ad altri personaggi dello show system”. 

Un periodo distante da noi culturalmente, ma allo stesso tempo vicino. Ne parliamo con la violoncellista e project manager dell’Accademia del Chiostro, Maestro Donatella Ferraris

D.F.
“Il Barocco quest’anno per Genova è stato un tema importante per il rilancio culturale della città. Palazzo della Meridiana oltre alla mostra dedicata, con opere di grande rilievo, ha deciso di affiancare una stagione musicale per far conoscere al pubblico gli altri aspetti del Barocco con una formazione come la nostra che riunisce giovani talenti emergenti con professionisti di chiara fama in un affiatamento non comune. Vivaldi poi tocca direttamente Genova tramite i suoi 27 volumi di partiture. Nel 1745 si trovavano a Venezia nella biblioteca di un senatore veneziano, il conte Jacopo Soranzo, poi passarono nelle mani di Giacomo Durazzo. Il nipote Girolamo, ultimo doge della Superba, li trasferì a Genova dove rimasero per circa un secolo proprio vicino a Palazzo della Meridiana prima di confluire a Torino ricomponendo per intero il “lascito vivaldiano”. Proprio con questo giallo storico poco noto abbiamo aperto la stagione, che è andata molto bene, riuscendo nel suo obiettivo primario di accogliere un pubblico trasversale, non solo gli habitué della classica”.

Se la sinergia con Palazzo della Meridiana è stata positiva, da musicisti come definireste il Colonnato che vi ha ospitato dal punto di vista squisitamente acustico?

D.F e M.V.
“ Suonare nel Colonnato, tralasciando la bellezza dello spazio, dà la sensazione di suonare al centro: il volume sonoro è ottimo e anche la qualità del suono, la morbidezza dei bassi, l’amplificazione armonica, senza smorzare i suoni acuti. C’è un perfetto equilibrio, che dà il massimo su formazioni come le nostre o da camera. Sembra che sia stato pensato come spazio proprio dedicato alla musica, anche se poi questa finalità nel corso della storia diventò accessoria. L’acustica dimostra comunque che non può essere frutto del caso. L’ottima sinergia con Palazzo della Meridiana ci fa già pensare a nuovi progetti. Intanto vi invitiamo tutti alla serata del 7 luglio!”

Dai veleni e dagli intrighi del Barocco con i suoi colpi di scena ringraziamo Enzo Paci e l’Accademia del Chiostro dandovi appuntamento alla prossima newsletter di Palazzo della Meridiana!

Coordinamento editoriale: Giulia Cassini

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